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La classe dei Rettili ha nella storia del mondo animale una specialissima importanza, in quanto con essi sono comparse sul nostro pianeta tutte le specie esclusivamente terrestri. Gli appartenenti a questa classe sono in grandissimo numero, divisi in ordini diversi, diffusi praticamente in tutto il mondo, con una prevalenza numerica nelle regioni tropicali e subtropicali.
Le caratteristiche che li distinguono dalle altre classi zoologiche sono moltissime e ne enumeriamo le principali.
Le dimensioni variano da quelle veramente notevoli di alcuni Serpenti, che superano i 10 m, a quelle modestissime, ad esempio, di alcune Lucertole.
Il peso va dai 6 quintali di alcuni Chelonidi o dai 135 kg del Varano di Komodo, ai pochi grammi di alcune tartarughine acquatiche.
La pelle non ha più la piena facoltà di servire da organo respiratorio come negli Anfibi: di solito sono ricoperti da un’epidermide forte, cornificata, a squame, o a piastre, che, qualche volta, come nei Serpenti, subisce una muta completa. Tale ricopertura e la mancanza di ghiandole, peli o penne ostacola l’evaporazione cutanea e quindi la temperatura corporea dipende esclusivamente dall’ambiente circostante. Si dice quindi che i Rettili sono animali eterodermi.
La respirazione avviene attraverso i polmoni. Lo scheletro degli arti presenta una conformazione ossea comune a tutti i Vertebrati. Nei Rettili serpentiformi tali arti sono quasi sempre atrofizzati, negli altri le dita sono tipicamente cinque, quasi sempre armate di unghie. Talvolta alcune dita sono atrofizzate. I Rettili, a seconda della loro conformazione, corrono, saltano, strisciano seguendo varie modalità di deambulazione.
Sono presenti denti sulla mascella e sulla mandibola e spesso anche sulle ossa palatine. I Serpenti muniti di ghiandole velenifere posseggono denti canalicolati in cui scorre il veleno della ghiandola, rendendo pericoloso o addirittura mortale il morso.
Solo i Testudinati sono privi di denti, ma hanno una sorta di becco corneo e tagliente per spezzettare il cibo.
Tra gli organi di senso, la vista è quasi sempre ben sviluppata, spesso però gli occhi non sono adatti alla visione binoculare. Altre specie invece, hanno un campo visivo vastissimo. L’udito è meno acuto, talvolta scarso. Esiste invece una sensibilità particolare per gli odori, talvolta percepiti attraverso la lingua. La riproduzione dei Rettili avviene per uova, con ricco tuorlo e guscio robusto, che vengono fecondate internamente dal maschio, si sviluppano poi sia internamente (ovovivipari) sia esternamente (ovipari). Negli ovipari, quando la deposizione delle uova è completata, si inizia lo sviluppo dell’embrione, più o meno rapido a seconda della temperatura ambiente. Pochissime sono le specie in cui le femmine covano la loro nidiata, di solito lasciano al calore del terreno il compito di schiuderle.
I piccoli nascono con forme simili a quelle degli adulti e già autosufficienti.
Esistono tuttavia specie (tra i Sauri e gli Ofidi) come si è detto, che sono ovovivipare, l’uovo fecondato completa lo sviluppo dell’embrione nel corpo materno fino al momento in cui la sottile membrana dell’uovo si rompe e il piccolo viene alla luce.
Nella descrizione delle specie che ci interessano cominceremo dall’ordine dei Testudinati che, in un certo senso, servirà di collegamento tra gli abitanti degli acquaterrari e i Sauri e Rettili destinati ai terrari o ai rettilari.
I TESTUDINATI
Le Tartarughe sono gli ospiti modello dei nostri terrari e acquaterrari. In libertà popolano in notevole quantità tutti i continenti del nostro pianeta. Meritano quindi un capitolo a parte tra gli altri Rettili e sono riunite nell’ordine dei Testudinati.
Secondo la nostra abitudine, facciamo precedere alla descrizione di alcune singole specie, pochi cenni generali su tale ordine.
I Testudinati hanno in genere forme protette da una corazza ossea entro la quale possono ritrarre il capo, il collo, gli arti e la coda.
L’osso della corazza è talvolta rivestito da piastre cornee e altre volte da pelle robusta e spessa come cuoio. La parte superiore è detta carapace quella inferiore è detta piastrone. La disposizione delle piastre del carapace rende riconoscibile ogni singolo gruppo. La pelle delle parti scoperte è fornita di squame, in certi casi sono presenti tubercoli. Il cranio è corto e ricurvo, con le mascelle racchiuse in astucci cornei, quasi costituenti un becco. Gli arti hanno in genere 5 dita; nelle forme acquatiche queste sono fornite di membrana, mentre le forme terrestri hanno zampe tozze con dita unite da cui sporgono le unghie.
Le Tartarughe sono provviste di polmoni che, in certe forme acquatiche, hanno anche una funzione idrostatica simile a quella della vescica natatoria dei pesci.
Le forme acquatiche, inoltre, respirano anche attraverso la pelle. Il cervello dei Testudinati è piuttosto evoluto, la vista è acuta, lo è meno il senso dell’udito, sviluppato è l’olfatto. Sono pure spiccate le facoltà di orientamento e mnemoniche così da farne un oggetto più che soddisfacente di allevamento da parte dell’uomo.
L’alimentazione dei Testudinati acquatici è mista di sostanze animali e vegetali, però alcune specie sono soltanto vegetariane, altre onnivore.
La riproduzione delle Tartarughe ha inizio con un vivace corteggiamento da parte del maschio, l’accoppiamento dura alcuni minuti. Successivamente le femmine di tutte le specie depongono le uova fecondate, spesso abbondantissime, sulla terraferma, in una buca preparata per riceverle.
Talvolta gli animali ammorbidiscono il terreno con speciali secrezioni. Conclusa la deposizione, la femmina stessa ricopre e maschera la buca con foglie o sabbia. Le tartarughe marine intraprendono lunghe migrazioni per trovare i luoghi destinati alla riproduzione.
Le uova hanno forme diverse a seconda delle specie: sferiche, cilindriche, allungate, ecc., con un guscio robusto. Richiuso e nascosto il nido, l’incubazione è lasciata al calore del terreno e, quando è giunto il momento, l’embrione spezza il guscio con una sorta di dente corneo, che poi cade, e si porta sul terreno. Le Tartarughe marine si avviano immediatamente verso l’acqua. Bisogna notare che questi animali hanno bisogno di una temperatura piuttosto calda per entrare in attività, specialmente per le specie terrestri. Molte specie acquatiche che, invece, sono notturne, non temono il freddo.
Considerata la grande delicatezza delle uova delle Tartarughe, la riproduzione in terrario presenta molte difficoltà specialmente se si tratta di specie acquatiche.
Tutti i Testudinati hanno l’abitudine di cadere in letargo invernale ai primi freddi: si nascondono nella terra o in altri luoghi riparati. Se ciò non avvenisse, il freddo eccessivo giungerebbe a cristallizzare i liquidi dei loro tessuti procurandone la morte. Le Tartarughe acquatiche si nascondono nel fango del fondo e anch’esse trascorrono così al riparo la brutta stagione.
Le Tartarughe delle regioni tropicali, invece cadono in un letargo estivo durante i grandi calori. Quelle desertiche si nascondono nella sabbia, quelle acquatiche trascorrono tale periodo nel fango secco dei fiumi in magra.
Le Tartarughe crescono molto lentamente ma sono estremamente longeve: sono resistentissime a ferite e lesioni anche del carapace.
L’allevamento di questi Rettili non è molto complicato, quando si conoscono bene i modi di vita che conducono nei loro luoghi di origine. I contenitori ad essi destinati debbono essere ampi e ben curati, ricchi di luce e di calore. Le Tartarughe terrestri vanno nutrite con frutta e verdura, quelle acquatiche con carne sbriciolata e con detriti vegetali. Frutta e verdura saranno variate a seconda della stagione, e nel caso, si aggiungeranno ad esse pane inzuppato nel latte, pasta cotta e altri avanzi di cibo.
Quando invece si tratti di animali prevalentemente carnivori, alla carne vanno alternati pesce, cuore e fegato tritati, lombrichi spezzettati, cavallette, molto ricche di calcio e quindi assai utili.
In estate sarà bene tenere i terrari all’aperto, ma non al sole. Questa cura di aria aperta gioverà alla sopravvivenza invernale degli animali che, se provengono da zone temperate, ai primi freddi piombano in letargo senza più mangiare, anche se il terrario non sarà riscaldato. Le specie terragnole nostrane potranno riposare in una scatola piena di muschio o paglia, chiusa e tenuta in una stanza buia, evitando che la temperatura scenda al disotto degli O °C.
Con la primavera gli animali si svegliano e cercano subito da bere e da bagnarsi, si liberano delle deiezioni accumulate e pian piano ricominciano a nutrirsi. Si deve notare che al termine del letargo di solito si mostrano poco desiderosi di cibo.
Prima di passare all’elenco delle specie più comuni è bene ricordare che tutto il gruppo delle grandi Tartarughe marine (Chelonidi) come ad esempio la Tartaruga elefantina delle Galapagos (Testudo elephantopus) e quella delle Seycelles (Testudo gigantea) per ragioni di spazio e di tecnica non possono trovare posto nei terrari comuni, ma possono essere custodite con maggior successo negli zoo attrezzati. Ai Chelonidi marini appartengono anche la Tartaruga embrica ta (Eretmochelis imbricata) e il genere Caretta.
Tartaruga alligatore (Macroclemis temmincki) e Tartaruga azzannatrice (Chelydia serpentina). Queste Tartarughe nordamericane sono assai difficili a tenere in terrario perché si comportano come predoni distruttori di ogni altra specie. Sono acquicole, ma depongono le uova in luogo asciutto.
Platisterno dalla testa grande (Platysternon megacephalum). Lungo 20 cm (dal margine anteriore a quello posteriore della corazza), diffuso in Asia sud-orientale, con testa grande e lunga coda. In libertà è buon nuotatore ma supera anche grandi distanze sul terreno. In cattività ha bisogno di una lunga acclimatazione e alimentazione a base di pesce. L’acquaterrario va coperto perché il Platisterno si arrampica facilmente sulle pareti, e può uscirne e cadere.
Piccola Tartaruga muschiata (Sternotherus odoratus) e Tartaruga del fango (Kinosternum subrubrum). Specie americane l’una lunga 14 cm, l’altra 12. Vivono prevalentemente in acqua non troppo profonda, ma fanno lunghe soste al sole sugli isolotti emergenti. L’alimentazione è quella comune mista.
Tartaruga dal collo di serpente (Chelodina longicollis). Lunga 25-2.-30 cm, propria delle acque australiane. Si distinue dalle congeneri per la testa eretta sul lungo collo. E molto vivace e non è facile tenerla in acquario con altre specie perché è in continua agitazione.
Sempre acquatile e riconoscibile per la lunghezza del collo è la Idromedusa sudamericana (Hydromedusa tectifera) che ha le stesse esigenze.
Mata mata (Chelus fimbriatus). Fa anch’essa parte delle Tartarughe con lungo collo, misura 30±40 cm ed è originaria delle acque dolci del Brasile. Il suo collo è ornato di appendici frastagliate disposte in file longitudinali. Avidissima di preda allo stato libero, in cattività resta nascosta nel carapace per scattare sul boccone che le si porge con una pinza (carne di pesce). Comunque si adatta bene a vivere in acquaterrario.
Tartaruga dalla testa di rana (Batrachemys nasuta). Sono tartarughe scure, di abitudini notturne, di origine sudamericana. Sebbene tendano a sfuggire a ogni osservazione sono molto aggressive con i loro simili. Il loro allevamento non è difficile, richiede però una temperatura regolare.
Tartaruga palustre europea (Emys orbicularis). Lunga fino a 23 cm, è diffusa in Europa centromeridionale, Asia Minore e nord-Africa. È scura con macchie giallastre. Preferisce l’acqua calma da cui esce volentieri per scaldarsi al sole, necessita quindi di un acquaterrario con grande spazio asciutto. È molto pigra.
Altrettanto amanti delle lunghe soste al sole sono le Aurate crisemidi o Tartarughe pitturate (Chrysemys pista) lunghe una ventina di cm, di origine nordamericana, molto apprezzate per i loro luminosi colori. Queste due specie sono onnivore. Tartaruga sinuata o Pelomedusa africana (Pelusias sinuatus). Lunga 40 cm. La sua particolarità è costituita dalle piastre del carapace mobili che, sfregandosi tra loro, emettono un suono sordo. I piccoli di questa specie si alimentano con piantine tenere.
Tartaruga arrau (Podocnemys expansa). Di origine sudamericana, lunga fino a I m. Risale dall’acqua per la riproduzione, allo stato libero vive in comunità. Si nutre in prevalenza di vegetali, i piccoli si alimentano con piantine tenere.
Kachuga (Kachuga tecta). Si tratta di una Tartaruga che si distingue per la forma particolare del carapace, le cui piastre sono embricate come le tegole di un tetto. È lunga 25 cm ed è notevole per la bellezza dei suoi colori. È diffusa in tre sottospecie, che hanno però la corazza lievemente più appiattita. Tartaruga palustre, esce dall’acqua solo quando fa molto caldo e riposa al sole su di un isolotto. È vegetariana.
Carettochelide della Nuova Guinea (Carettochelys insculpta). Questa Tartaruga lunga anche 50 cm, sebbene di grosse proporzioni e vegetariana, fa parte di un gruppo di Tartarughe d’acqua dolce della Famiglia dei Carettochelidi, che rimangono molto piccole e delicate, anche se vivacissime e aggressive.
Il loro carapace, come quello della C. insculpta, non è corneo, ma ricoperto di pelle (sono pure chiamate tartarughe molli). La pelle è liscia e lucida e diventa opaca se l’animale è sofferente. Sono in massima parte carnivore.
Geoemyda. Sono tartarughe tutte appartenenti a generi considerati abituati alla terraferma, di solito lunghe da 20 a 40 cm, diffuse nel Vecchio e nel Nuovo Mondo. Tra esse, però, la Geoemyda trijuga, afro-asiatica, ha assunto abitudini quasi del tutto acquatiche. Le appartenenti al genere sono di solito brave camminatrici ed effettuano lunghi spostamenti in cerca di cibi vegetali. La Geoemyda spinosa offre un raro esempio di mutamento, in quanto nel periodo giovanile ognuna delle piastre del suo carapace mostra un lungo aculeo. Durante questo periodo la
Geoemyda rimane sul terreno e si nutre di frutti, ed erbe. Con la maturità, gli aculei si atrofizzano e l’animale preferisce l’acqua e il cibo carneo.
Cuora (Cuora amboinensis). Animale asiatico, con uno scudo molto alto e bombato, a forma di cuore. Lungo 20 cm, può considerarsi una Tartaruga terragnola che può essere allevata e divenire domestica, sebbene sia assai timida.
Terrapene o Tartaruga scatola (Terra pene carolina). Diffusa con altri rappresentanti del genere nel nord-America e nel Messico. Avendo subìto successive modifiche, queste tartarughe non frequentano che raramente l’acqua e si nutrono di vegetali.
Il Terrapene è lungo 16 cm, la sua corazza è molto convessa, come quella delle specie terrestri, per quanto le dita siano munite di membrana. Il piastrone, inoltre, ha un’articolazione trasversale che permette ai due lobi di aprirsi come una scatola. I Terrapene possono mantenersi in cattività a lungo, ma restando in terrari aperti durante l’estate. Nel terrario si potrà disporre una ciotola d’acqua. La dieta sarà a base di frutta e verdura con un po’ di carne di tanto in tanto.
Tartaruga greca (Testudo graeca). Apre la serie delle tartarughe del tutto terrestri. È molto diffusa in Europa nei suoi due generi: la Graeca e la Hermanni, e spesso vive allo stato domestico nelle case. La Tartaruga di Hermann (erroneamente detta anche « greca ») è lunga fino a 20 cm, ha la punta della coda del tutto ossificata e la coda stessa ricoperta da un doppio scudo, prolungamento del carapace dorsale.
La T. greca vera e propria (30 cm) ha un solo scudo caudale e due sporgenze cornee alla base della coda. Le due specie hanno abitudini simili: amano il terreno asciutto con poca vegetazione. Si nutrono sia di sostanze vegetali sia di vermi o lumache nonché di avanzi dei pasti domestici. In ottobre cadono in letargo e bisognerà predisporre per esse scatole piene di terra, ben protette dal freddo e dall’umido.
In aprile avviene il risveglio cui segue il tempo degli accoppiamenti. In giugno o luglio le femmine depongono una dozzina di uova. I piccoli escono dal guscio in autunno o, se gli inverni sono freddi, in primavera. Queste Tartarughe, prima e dopo il letargo hanno lunghi periodi di inappetenza che non debbono destare preoccupazioni.
Tartaruga marginata (Testudo marginata). Propria delle regioni greche, lunga 35 cm, ha il carapace allungato con i margini ripiegati verso l’alto, di color nero. Ne sono stati introdotti esemplari in Sardegna.
Tartaruga leopardo africana (Testudo pardalis). È una delle più grandi Tartarughe terrestri (65 cm) che si trovino a sud del Sahara. Predilige i territori aridi dove compie lunghi spostamenti in cerca di cibo ed è prevalentemente erbivora. Cade in letargo in piena estate. In terrario ha bisogno di molto calore.
Altrettanto si può dire di altri generi abituati al clima tropicale tra cui la Tartaruga radiata (Testudo radiata) la Tartaruga stellata indiana (Testudo elegans) la Tartaruga denticolata che tutte prendono il nome dalla diversa disposizione delle parti del piastrone o dai suoi colori.
Con questo breve panorama, abbiamo chiuso l’argomento dei Testudinati, animali che, dalla minuscola Carettochelide d’acqua dolce alla grande Tartaruga leopardo rappresentano ospiti ideali del terrario, provvisti come sono di una certa forma di intelligenza che in alcune di esse, come ad esempio la Tartaruga greca, è assai evidente.
I SAURI
I Sauri appartengono all’Ordine degli Squamati e possono essere considerati, tra i Rettili, quelli più antichi e primitivi. Di questo sottordine fanno parte sia quelli che, in genere, noi chiamiamo « lucertole », sia quelli che hanno le zampe atrofizzate o addirittura mancanti, pur non essendo « serpenti ».
La maggior caratterizzazione del gruppo è, in certi casi, una speciale conformazione di una parte della colonna dorsale che permette alle vertebre caudali di rigenerarsi, se rotte in determinati punti. Rinascendo, la parte nuova è differente per grandezza e rivestimento da quella amputata.
I Sauri sono numerosi, si parla di oltre 3000 specie raggruppate in famiglie, le quali, a loro volta, formano generi distinti di cui, tolta per volta, descriveremo alcune specie. Quasi tutti i Sauri abitano le zone più calde del mondo, vivono sul terreno o sugli alberi, ad eccezione di alcuni che si trattengono nelle zone costiere.
Geconidi
Sono i più antichi tra i Sauri e si sono adattati alle terre tropicali e subtropicali, sabbiose o forestali. Alcuni popolano le nostre regioni.
La loro lunghezza non supera i 40 cm, hanno corpo schiacciato, occhi di costituzione normale ma protetti dalle palpebre che si sono trasformate in una specie di rivestimento corneo trasparente.
Negli esemplari notturni le pupille sono ridotte a fessure. Spesso i Geconidi passano la loro lunga lingua sugli occhi come per pulirli. La caratteristica principale, comunque, è costituita dalle dita che sul polpastrello hanno delle serie di lamelle con funzione adesiva. Altra particolarità è l’emissione di un grido gracidante, più frequente e sonoro nei maschi.
L’alimentazione dei Geconidi è costituita normalmente da insetti e, per le specie più grandi, da piccoli vertebrati che i nostri Sauri cacciano balzando loro addosso per divorarli. Ciò avviene per molte specie notturne; mentre quelle diurne aggiungono alla loro dieta vegetali e frutti.
La riproduzione. A parte alcune specie ovovivipare, i Geconidi si riproducono con la deposizione di poche uova, talvolta unite tra loro, spesso con guscio molle e adesivo. Può accadere che gruppi di femmine nidifichino insieme nello stesso luogo. Lo sviluppo degli embrioni è lento, infatti può durare fino a sei mesi.
Geco comune o Tuk-kaà (Gecko gecko). Lungo 35 cm, di origine asiatica; è molto comune. Ha vita notturna e abitualmente dimora nelle case dove viene bene accolto.
I maschi emettono a seconda delle stagioni richiami stridenti, che vagamente ricordano il nome indigeno. La possibilità di arrampicarsi anche su superfici lisce è data dalla serie di lamelle che ornano le dita, con elementi uncinati, che fanno salda presa anche sui soffitti.
Il Geco è vorace ma può vivere bene in terrario nutrendosi di briciole di carne, vermi, insetti. Le uova sono deposte negli anfratti dei muri o delle rocce o nelle scorze degli alberi.
Geco dalla coda piatta (Urophatus fimbriatus). Lungo 20 cm; ha un aspetto strano, caratterizzato da grossi occhi, il corpo piatto orlato di squame colore della corteccia d’albero, così da mimetizzarlo completamente. La coda è larga e piatta e può arrotolarsi servendo da organo prensile. Il colore della; pelle, sempre agli effetti della mimetizzazione, può mutare di sfumatura. Ha abitudini notturne e, dopo la caccia, riposa a piatto, con le zampe posteriori allungate all’indietro, quelle anteriori in avanti.
Specie affini, anche se di altre famiglie, sono il Geco gigante della Nuova Caledonia (Rhacodactylus leachianus) con coda grossa e corta ricoperta da serie di squame, lungo oltre 35 cm; lo Stenodattilo di Petri (Stenodactylus petrii) del deserto africano, lungo 10 cm, il Geco smeraldino (Gecko smaragdinus) delle Filippine, il Nephrurus laevis, lungo 15 cm, la cui coda termina con una pallottola rotonda, diffuso nei deserti australiani.
Pigopodi (Pygopodidae). È una famiglia di geconidi che abita le regioni australi e che, pur non essendo serpenti, non hanno le zampe anteriori, mentre quelle posteriori sono atrofizzate, ridotte a piccoli grumi di squame. Hanno una lunghissima coda e una lingua bifida. Le femmine depongono due uova cilindriche, col guscio pergamenaceo. Anche questi Sauri si puliscono gli occhi con la lingua.
Iguanidi
Sono Sauri, le cui misure vanno da 10 cm a 2 m, che comprendono forme molto strane, di origine americana.
Il carattere che li distingue è l’impianto dei denti sul margine interno delle mascelle.
Gli Iguanidi hanno una lunga coda e molte specie hanno particolarità proprie, ad esempio creste dorsali o appendici sulla gola che si rigonfiano quando l’animale è irritato. In alcune specie terricole l’appendice o sacco giugulare è molto sviluppato, in altre, arboricole, forma un’ampia giogaia. Quando sono irritati, gli Iguanidi si sollevano sulle zampe volgendosi di fianco, spalancando la bocca e mutando colore. La riproduzione è iniziata da uno speciale cerimoniale per la scelta del territorio e da lotte fra maschi.
Iguana dai tubercoli (Iguana iguana). È la specie più nota e rappresentativa del gruppo, lunga da 45 cm a 2 m, con una cresta dorsale che nei maschi può raggiungere anche gli 8 cm di altezza e un grande sacco giugulare. Le Iguane di queste specie abitano nelle foreste dell’America centromeridionale, trattenendosi lungo i corsi d’acqua ed arrampicandosi fino a una certa altezza sugli alberi e di lì saltando talvolta in acqua.
La loro alimentazione è, nei giovani, orientata verso piccole prede vive, negli adulti, in prevalenza, vegetale. Nelle stagioni aride gli adulti mostrano segni di sofferenza. Questi Sauri si difendono con robusti colpi di coda, per cui sarà opportuno fornire le vasche di accessori solidi. Ogni femmina seppellisce nella tana circa 30 uova che si schiudono dopo due mesi.
Affine alla specie è l’Iguana rinoceronte (Cyclura cornuta) che abita l’isola di Haiti nutrendosi di cactus. In cattività apprezza il pane inzuppato nel latte, le patate, vermi, topi, carne cruda.
Iguana marina (Amblyrhynchus cristatus). Lunga da 50 cm fino a 1,75 m, ha il corpo coperto di tubercoli cornei. Sul dorso ha una cresta e la coda è alta e piatta ai lati. È l’unico Sauro che si nutre di alghe che prende sugli scogli delle coste delle isole Galapagos. Nuota bene, servendosi della coda come organo propulsore. Nell’epoca degli amori la colorazione verdastra della pelle si macchia di rosso.
Iguana terrestre delle Galapagos (Conolophus subcristatus). Lunga 50 cm più 60 cm di coda. È un Sauro robusto, e ha sul collo una cresta che si estende al dorso, la colorazione è giallo-bruna. Queste Iguane un tempo erano molto abbondanti, poi la caccia provocata dal consumo delle sue carni le ha assai ridotte. Vivono dove la vegetazione è più ricca e si nutrono di cactus. I maschi, all’epoca degli amori, lottano tra loro.
Iguana del deserto (Dipsosaurus dorsalis). Lungo circa 15 cm, ha il corpo tozzo con una bassa cresta che lo percorre, di color giallo pallido con macchie scure. Vive nelle zone a scarsa vegetazione e sui terreni sabbiosi o argillosi. Ha necessità di molto calore ed esce dalle tane nascoste solo quando il sole è forte.
In cattività sarà bene riscaldare la sabbia del fondo.
Basilisco comune (Basiliscus basiliscus). Appartiene a uno stranissimo gruppo di Sauri arboricoli del sud-America, lunghi da 30 a 80 cm, con arti lunghi e sottili, le dita fornite di grossi lobi che ne allargano la punta, con il capo coperto da una sorta di elmo e un’alta cresta, spesso ossea.
Il basilisco comune è color bruno-verdastro, con due fasce chiare sui lati. È un veloce corridore (12 km orari), un abile nuotatore che « corre » sull’acqua mediante i larghi dischi delle dita, e ne può saltare fuori o compiere balzi dagli alberi. Si nutre in libertà di insetti o di frutti. Si adatta assai bene in cattività e impara a prendere il cibo dalle mani del padrone. Si trova facilmente in commercio.
Specie affini sono il Basilisco striato (Basiliscus vittatus) e il Basiliscus plumifrons.
Anolide della Carolina o Falso Camaleonte d’America (Anolis carolinensis). Si tratta di un Sauro arboricolo buon arrampicatore, lungo da 10 a 60 cm, con le dita ben fornite di lamine adesive e una grossa giogaia pendente, molto voluminosa nei maschi, che può ripiegarsi o stendersi nei momenti di irritazione o nel periodo della riproduzione. Ha sul dorso una cresta squamata.
Specie simili sono tutti gli Anolidi che abitano le Antille, Portorico, Giamaica, ecc. A Cuba troviamo gli Anolidi giganti, che vivono sugli alberi, gli Anolidi dei tronchi, gli Anolidi delle erbe, tutti di forme allungate ed eleganti. Forma particolare è l’Anolide d’acqua (Anolis vermiculatus) che vive sugli alberi presso ai fiumi e, in caso di allarme, si nasconde nelle acque profonde.
Agamidi
È una famiglia di Sauri propri del Vecchio Mondo e dell’Australia. Si tratta di animali tozzi con le zampe robuste e la coda lunga che di solito, se recisa, non si rigenera come negli Iguanidi. Il corpo e la coda sono ricoperti di squame spesso carenate e talvolta provviste di spine, più piccole sulla testa.
Anche le palpebre sono ricoperte di piccole squame. In certe specie del deserto queste squame sporgono a proteggere l’occhio.
La forma del corpo è schiacciata, la coda rotonda è con una grande base. La giogaia a sacco golare degli Iguanidi è quasi mancante.
Abitando in ambienti diversissimi e caldi (deserti, rocce, foreste tropicali, savane) gli Agamidi assumono tinte protettive conformemente al loro habitat. Una particolarità dei maschi è quella di piegare continuamente in avanti la testa come se annuissero.
La riproduzione avviene dopo che il maschio ha fatto la scelta di un territorio e si è liberato dai rivali assumendo atteggiamenti di minaccia accompagnati talvolta da mutamenti di colore.
Le femmine, che hanno tinte brune con macchie di colore, a loro volta lottano per avere una supremazia sulle compagne. Dopo l’accoppiamento, sono deposte 4 o 6 uova, solitamente in una fossa tra la vegetazione, che la madre ricopre poi di sabbia. Il terreno favorevole alla schiusa deve essere umido e, a seconda del calore-ambiente, l’incubazione dura 2 o 3 mesi. I piccoli appena nati vivono a parte. Solo al quarto mese si uniscono agli altri e i giovani in età di procreare si allontanano in cerca di territori propri.
Agama comune (Agama agama). I maschi sono lunghi 10+ 14 cm, 10=11 le femmine. Ha un rivestimento di squame uniformi, il capo giallastro. Diffuso nell’Africa centrale in luoghi vicini ai centri abitati, si riunisce in gruppi che cacciano, guidati da un maschio o da una femmina anziana. All’alba lascia la tana e si mette in pieno sole, e allora la colorazione scura si arricchisce di sfumature variegate, specialmente nei maschi.
Specie affini sono: l’Agama stellione (Agama stellio) dalla coda a squame spinose, che si ciba prevalentemente di insetti e vermi ma anche di qualche frutto e abita le zone rocciose dell’Arabia, la Turchia e delle isole dell’Egeo; l’Agama del deserto (Agama mutabilis) che abita nel Sahara e nei deserti arabici.
Moloch o Diavolo pungente (Moloch horridus). È sempre un Agamide, ma appartiene a un diverso genere abitante in Australia. È lungo tra 12 e 20 cm, ha corpo e coda ricoperti di squame aculeate e sul capo due spine, come corna, mentre altre spine stanno sul sommo della testa. La colorazione, rossa, gialla e bruna, si adatta all’ambiente circostante. Abitando le zone desertiche, il Moloch si accoppia tra ottobre e novembre, e in gennaio la femmina depone tra 6 e 8 uova in una tana scavata nella sabbia. Il Moloch è pigro e inoffensivo, si nutre di formiche di cui è avidissimo.
Durante le stagioni aride questo agamide si disseta con l’acqua immagazzinata nei tessuti del proprio corpo che, con movimenti speciali, si fa affluire in bocca.
Uromastice acantinuro o Uromastice africano (Uromastyx acanthinurus). Si tratta ancora di un appartenente agli Agamidi del genere Uromastyx. Le sue dimensioni sono abbastanza grandi (fino a 25 cm), la colorazione è mista a fondo scuro con fasce gialle, arancio e rosse. Di abitudini diurne, abita i deserti rocciosi del Medio Oriente; è mite e pauroso. In cattività vive bene e mangia volentieri insalate, lattughe e indivia.
Specie affini sono: l’Uromastice egiziano (Uromastyx aegyptius) lungo fino a 75 cm, che usa scavare profonde gallerie nei deserti sassosi della penisola arabica e in Algeria; l’Uro-mastice indiano (Uromastyx hardwickii), lungo 24 cm di èui 15 cm di coda. È color sabbia con ventre bianco, mangia fiori e foglie, è diffuso nel Pakistan orientale e in India, nei luoghi erbosi.
Fisignato di Lesueur o Dragone d’acqua (Physignatus lesueurii). Lungo al massimo 50 cm e di taglia notevole, con una cresta lungo tutto il dorso, il corpo coperto di squame, di color bruno-oliva con strisce chiare trasversali; vive in Australia e Nuova Guinea. È in grado di spostarsi a terra e sugli alberi, ma è prevalentemente amante dell’acqua. Ha perciò bisogno di un terrario spazioso con una zona d’acqua piuttosto ampia. Si nutre di insetti e lumache.
Specie affine: Fisignato di Gilbert (Physignatus gilberti), lungo 45 cm con coda rotonda e un’alta cresta nera.
Idrosauro (Hydrosaurus). Agamide amico dell’acqua che vive nelle Filippine e nell’isola di Celebes. È lungo anche un metro. Vive sugli alberi ma scende spesso a nuotare in acqua; ha una cresta a forma di vela sul dorso.
Agama farfalla dal ventre rosso (Leiolepis belliana). Lungo 50 cm, ha il corpo piatto, notevole per i suoi vividi colori. È caratteristico della regione indomalese e scava lunghe gallerie nel terreno delle zone umide.
Calote variopinto (Calotes versicolor). Gli appartenenti a questo genere di Agamidi asiatici si distinguono per la dote di cambiare i propri colori, questo si verifica soprattutto nei maschi durante l’accoppiamento. Il Calote variopinto ha la testa rossa e il corpo con sfumature variegate sul ventre; è lungo tra 38 e 48 cm ed è diffuso dall’Asia minore alla Cina, nelle zone montuose.
Specie affini: Calote dalla piccola cresta (Calotes cristatellus) del Borneo, Calote di Flower (Calotes floweri) dell’Indocina, Calote di Ceylon.
Drago volante (Draco volans). Rappresenta un genere del tutto particolare tra gli Agamidi perché grazie a due grandi lobi di pelle che ha sui fianchi, sostenuti da costole lunghe e mobili, può « volare » planando da un albero all’altro. Il Drago volante ha il corpo compresso, la coda grossa alla base, e grossi sacchi giugulari nei maschi. È lungo circa 19 cm, compresa la coda. Le pieghe della pelle, o « ali », sono gialle e blu con macchie nere. Vive nelle regioni malesi-indonesiane. Rimane di solito sulla cima degli alberi dove può godere il sole e si sposta planando. In riposo tiene le « ali » e il sacco giugulare ripiegati contro il corpo, mimetiz-
zandosi con i tronchi.
Si nutre di insetti.
Camaleontidi
I Camaleonti sono rappresentanti di una famiglia affine agli Agamidi e, come essi, sono animali molto antichi.
Tra le loro caratteristiche anatomiche vi è la mobilità degli occhi, che possono muoversi indipendentemente l’uno dall’altro, protetti da una palpebra globulare e squamata in cui si apre una piccola fessura; in tal modo il loro campo visivo è vastissimo.
Altro carattere differenziale è la lingua, estroflessibile ed elastica, che fuoriesce in modo rapidissimo, a forma di dava, lunga e viscosa. Le dita delle zampe sono adattate alla vita arboricola come la coda prensile.
Famosi sono i mutamenti di colore dei Camaleonti: ogni specie può infatti mutare la propria colorazione a scopi mimetici o a causa di agenti biologici e psichici dell’individuo stesso (irritazione, amore, momento della deposizione delle uova, ecc.) oppure, a seconda dell’incidenza della luce. Questo fenomeno è dovuto a grosse cellule del derma, dette cromatofori, contenenti pigmenti colorati.
I Camaleonti sono arboricoli; restano però tra la bassa vegetazione, in un ben definito territorio personale. Al mattino escono dalle loro tane abituali per ricercare la luce
e il calore al sole e soltanto quando la temperatura del corpo raggiunge determinati valori vanno in cerca di cibo (locuste, vermi e, in terrario, vermi di farina, lombrichi).
La sete è saziata dalla rugiada raccolta sulle pietre e sulle erbe.
Quasi tutte le specie di Camaleonti sono ovipare. Le femmine interrano le uova nella sabbia calda e la schiusa avviene dopo più di due mesi. Poche specie sono ovovivipare e
« partoriscono » piccoli avvolti in una membrana che si rompe subito.
La zona di diffusione è prevalentemente l’Africa, ma si estende pure all’Asia Minore, alle isole dell’Egeo, alla Spagna. Camaleonte comune (Chamaleo chamaleo). Lungo da 25 a 60 cm, con 12 cm di coda. La colorazione di base è verde giallo bruna, nei maschi all’epoca degli amori può diventare nera e, in altri casi, verde e azzurra.
Il Camaleonte è un ospite gradito nei terrari perché interessante e vivace, ma i problemi della sua alimentazione fanno sorgere molte difficoltà, dal momento che spesso si dimostra assai schizzinoso e di gusti mutevoli. Occorre inoltre scaldare il terrario di giorno e lasciarlo freddo durante la notte per imitare il clima desertico. Una buona abitudine è di lasciare di tanto in tanto l’animale al sole, libero di catturare da sé qualche insetto che viene attirato con un’esca di cibo o di carne guasta.
Specie affini: il Camaleonte basilisco (Chamaleo africanus) di maggiori proporzioni, con una sorta di elmo rilevato sul capo, i cui maschi sono provvisti di uno sperone calcareo; il Camaleonte crestato (Chamaleo cristatus), che ha sul dorso una cresta dentellata, vivacemente colorato in verde, giallo e rosso e vive nel Camerun.
Il genere Chamaleo, inoltre, comprende ben 70 specie in Africa, Madagascar, Europa orientale, Asia meridionale.
Scincidi
Questa famiglia di Sauri comprende un grande numero di specie diffuse nelle zone temperate e tropicali in forme diversissime.
Le loro caratteristiche sono il capo rivestito di grosse placche ossee, il dorso coperto di squame rotonde sovrapposte, anch’esse ossee, il corpo lungo e cilindrico, il muso appuntito.
Alcune specie sono fornite di zampe complete con 5 dita, altre hanno gli arti atrofizzati e sembrano serpenti striscianti. La coda è talvolta lunga e sottile, altre volte è ridotta a un moncone o è provvista di appendici spinose.
Le orecchie sono nascoste da squame, la palpebra inferiore, in molte specie, è trasparente e permette la visuale anche quando è chiusa.
Gli Scincidi prediligono soprattutto le regioni calde e solo poche specie lasciano il terreno per l’acqua. Si nutrono di insetti o di altri piccoli animali.
Per circa due terzi i membri della famiglia sono ovipari, il rimanente è ovoviviparo.
Scinco delle sabbie (Scincus scincus). Lungo circa 20 cm, dimostra il suo adattamento a vivere nelle sabbie calde. Esso infatti procede « nuotando » sotto il livello della sabbia stessa, con grande agilità così da segnare dall’esterno il suo percorso. È attivo quando il calore atmosferico è assai alto, cattura locuste e insetti per cibarsene. Le femmine sono ovovivipare. Lo Scinco vive bene in cattività purché il fondo del terreno sia coperto di sabbia riscaldata. Si può nutrire con vermi di farina. È un animale solitario che tollera malvolentieri nel terrario suoi congeneri.
Specie affine è lo Scinco berbero (Eumeces algeriensis) dai bellissimi colori rosso e arancio.
Tiligua rugosa (Tiliqua rugosa). È uno Scincide, lungo circa 30 cm, dal corpo robusto e la coda breve e smussata. Gli arti sono forti e muniti di artigli.
Il capo è ricoperto da placche rugose, il dorso da grandi squame carenate. La colorazione è bruna con macchie giallastre, il ventre è più chiaro macchiato di bruno.
Abita in Australia nelle zone sabbiose e si nutre di piante. In cattività mangia insetti, larve, frutta, lumache. Solitamente lento, sa fuggire rapidamente. È opportuno tenere la Tiligua isolata in terrario ricco di sabbia morbida dove non abitino altri Sauri. Quando è sola è molto tranquilla e si adatta con facilità.
Specie affine è la Tiligua dalla lingua azzurra (Tiliqua scincoides) molto apprezzata nei terrari, lunga circa 50 cm, facilmente addomesticabile.
Mabuia striata (Mabuya multifasciata). Appartiene a un genere degli Scincidi che vive in Indonesia, ha il corpo molto appiattito così da scivolare inosservato attraverso fessure del terreno nelle foreste dove abita. Del gruppo delle Mabuie fanno parte specie abitanti anche sul continente africano, in Madagascar, in Asia meridionale, nelle Antille e nell’America centro-meridionale.
Cordilidi
Si tratta di una famiglia di Sauri tutta africana, che comprende specie e forme variabilissime, come avviene per gli Scincidi.
Questi Sauri hanno il corpo rivestito da squame rettangolari disposte in serie, sul capo hanno grosse placche cornee. Molti generi sono ricoperti di spine ed hanno una pelle porosa, che assorbe l’acqua. Le abitudini possono essere notturne o diurne. Vivono prevalentemente in luoghi aridi e desertici.
I Cordilidi sono molto apprezzati nei terrari sia per il loro aspetto esotico, sia perché è facile nutrirli di carne cruda e di frutta. Hanno però, bisogno di molto calore. In genere, sono ovovivipari e le femmine danno alla luce solitamente due soli piccoli.
Cordilo gigante (Cordylus giganteus). Lungo 35 cm, abita il sud-Africa nelle zone più aride. Ha un capo tozzo con zampe forti, la coda corta. La colorazione è giallo-bruna. Sul capo, sui fianchi, sulle regioni posteriori e sulla coda si ergono grosse spine erettili che servono di difesa. Il Cordilo vive in lunghissime tane sotterranee che terminano con una camera piuttosto ampia. Quando ne esce, ricerca il sole e resta lunghe ore immobile imbevendosi di calore, con le zampe alzate, come se adorasse l’astro. Per questo è anche chiamato in inglese « Sungazer », contemplatore del sole. Se minacciato, si immobilizza fingendosi morto. In cattività è tranquillo, sebbene nei momenti di irritazione si difenda con forti colpi di coda. È ovoviviparo.
Teiidi
È una grande famiglia di Sauri abitanti il Nuovo Mondo
e nelle forme è spesso simile alle nostre lucertole; i Teiidi hanno però le placche cornee del capo non saldate all’osso, al contrario delle lucertole. Simile invece è la coda, conica
o schiacciata ai lati, ricoperta da squame di varia natura. La lingua è bifida ed estroflettibile. I Teiidi presentano forme terrestri e forme che restano presso l’acqua. Vi sono poi specie che scavano il terreno o amano vivere nascoste; hanno gli arti quasi atrofizzati. Si nutrono di insetti o di piante, alcune specie divorano addirittura piccoli vertebrati. Sono ovipare.
Callopiste maculato (Callopistes maculatus). È un animale lungo 50 cm, dalle abitudini fossorie che esce dalla tana, da lui stesso scavata, nelle ore di gran sole, per cacciare insetti e piccoli vertebrati. Durante l’inverno cade in letargo, consumando le forti riserve di grasso che ha accumulato sotto la pelle. Vive nei territori aridi del Cile.
Tegu comune (Tupinambis teguixin). È lungo circa un metro, diffuso nel sud-America. Ha il corpo lacertiforme nero col dorso solcato da fasce formate di macchie gialle. Abita i territori boscosi nutrendosi di piccoli vertebrati e insetti. Le femmine depongono le uova in fosse da esse preparate oppure nei nidi di termiti dove i piccoli si nutriranno di larve. In terrario sono docili e longevi, occorre fare attenzione che, a causa dell’immobilità cui sono costretti, non accumulino troppo grasso.
Dracena della Guyana (Dracaena guianensis). È un Sauro di abitudini quasi acquatiche, che vive nel sud-America orientale. È lungo oltre un metro ed ha una colorazione bruna. La coda è compressa ai lati e carenata. Il Dracena rimane per tutto il giorno nelle pozze di fanghiglia lungo i fiumi, ne esce di notte per catturare lumache che divora risputandone il guscio. Buon nuotatore, è oviparo.
Lacertidi
I Lacertidi sono diffusi in tutta l’Europa e sono numerosissimi. Hanno dimensioni che vanno da 12 a 90 cm, hanno una coda lunga quanto il resto del corpo. La parte superiore del capo è ricoperta da placche simmetriche saldate alle ossa del cranio.
Sul dorso vi sono squame piatte, rugose, o carenate disposte regolarmente o embricate. Non hanno creste o sacchi giugulari, e neppure hanno una spiccata possibilità di mutare colore; la coda troncata può però riformarsi.
Molti di questi Sauri prediligono i terreni sabbiosi e, in questo caso, le dita degli arti posteriori hanno larghe squame disposte in modo da aumentare la superficie della zampa per facilitare la corsa sulla sabbia.
Altre specie, che usano scavare il terreno, hanno il muso allungato a forma di pala. La palpebra inferiore è mobile e può essere trasparente quando è chiusa, come avviene per altri Sauri e per i serpenti. La riproduzione avviene per uova del guscio pergamenaceo che la femmina affida al calore del terreno. La fecondazione è preceduta da lotte tra i maschi. Poche specie sono ovovivipare e danno alla luce piccoli attivissimi. Si nutrono di insetti che stritolano con i denti palatini; alcune specie si cibano di frutta e semi.
Lucertola agile (Lacerta agilis). È ampiamente diffusa in Europa e in Asia occidentale. È lunga 20+32 cm compresa la coda. Frequenta boschi, campi coltivati, zone a bassa vegetazione. Ha il corpo robusto con zampe corte, il maschio è bruno, più chiaro sui fianchi e, all’epoca degli amori, diventa tutto verde. Le femmine sono più lunghe.
Le Lucertole passano l’inverno in rifugi nascosti; in marzo escono al sole e compiono la muta della pelle; in seguito avvengono gli accoppiamenti, preceduti da battaglie fra maschi. La femmina scava poi una buca in cui depone le uova che si schiudono dopo 8-: 10 settimane.
Ramarro gigante (Lacerta trilineata). È un Laccrtide mediterraneo, lungo fino a 60 cm. È simile, salvo le maggiori proporzioni, al Ramarro verde comune, ma non ha la macchia azzurra sulla gola che contraddistingue quest’ultimo.
I giovani e le femmine hanno lungo il dorso tra 3 e 5 fasce chiare. Si nutrono di larve, ragni, lumache.
Anguidi
La famiglia degli Anguidi prende questo nome perché molti componenti di essa rassomigliano ai serpenti. Vi sono però specie munite di arti robusti. Comunque, per adattamento all’ambiente, nella generalità, gli arti sono semiatrofizzati. La loro lontanissima origine, infatti, è vicina a quella dei serpenti.
Gli Anguidi, come caratteri del tutto propri, hanno le palpebre mobili, il dorso coperto di squame longitudinali, la coda in grado di rigenerarsi. Le dimensioni vanno da 20 cm fino a 1,40 m, la coda è lunga quanto il corpo. Il capo è coperto di grandi placche, la lingua è bifida, parzialmente estroflessibile. In moltissime specie i denti sono larghi e robusti: gli Anguidi, infatti, sono carnivori.
La famiglia è diffusa abbondantemente in America, Africa, Asia, Europa ma non in Australia. Si tratta di animali prevalentemente terricoli ovipari o (quelli dei climi più freddi) ovovivipari.
Orbettino (Anguis fragilis). È un Anguide europeo molto noto. Lungo fino a 50 cm, ha almeno tra 18 e 30 cm di coda. È assai simile a un serpente ed è anatomicamente adatto alla rigenerazione della coda, se spezzata. I piccoli (tra 7 e 10 cm) hanno il corpo grigio con una fascia nera e una macchia nera a forma di goccia sul dorso, sono molto esili e piacevoli a guardarsi. Gli adulti sono più scuri: bruni o neri, e in alcune zone di diffusione hanno macchie azzurre sulle squame dorsali. Gli arti sono atrofizzati.
L’Orbettino preferisce i luoghi umidi e ombrosi, con zone assolate, spesso trova asilo nei nidi di formiche, rifugi da cui esce due volte al giorno: di prima mattina e verso sera. Ricerca lombrichi e lumache ed ha una tecnica speciale nell’afferrare la preda.
Gli accoppiamenti avvengono in primavera. Dopo 11 :-13 settimane, o più, se la temperatura è fredda, la femmina ovovivipara « partorisce » da 8 a 10 piccoli, avvolti in una sottile membrana, che sono subito attivi.
In terrario gli Orbettini possono essere tenuti in vasche o cassette con terra di brughiera lievemente umida. Si addomesticano facilmente e si sollevano a metà corpo per richiedere il cibo.
Pseudopodo (Ophisaurus apodus). È un Lacertide completamente mancante di arti. Lungo circa 1,50 m, è diffuso in Europa orientale, nell’Asia occidentale e nel nord-Africa. È vivacemente colorato di giallo sul ventre mentre il dorso è bruno. Ha il corpo rivestito di squame romboidali, il muso aguzzo.
È attivo di giorno, vive nelle località asciutte e si nutre di molluschi di cui sbriciola la conchiglia con i grossi denti, di anfibi, di topi. Dopo il pasto si pulisce il muso sul terreno. La riproduzione è ovipara.
In cattività va tenuto in terrario sassoso in cui abbia a disposizione una vaschetta d’acqua poco profonda. Si nutre di vermi, rane, girini.
Elodermidi
Gli Elodermidi comprendono gli unici Sauri velenosi. Hanno una testa piatta, il corpo cilindrico, coda grossa e rotonda, arti robusti e dita unghiate. Il dorso è coperto di grandi squame semiossificate. I denti sono ricurvi e, sulla mandibola, hanno un solco in cui scorre il veleno prodotto dalle ghiandole velenifere.
Eloderma sospetto o Gila (Heloderma suspectum). Lungo fino a 60 cm, con colorazione a macchie nere e rossicce, è diffuso nelle regioni subdesertiche del Messico, svolge un’attività notturna nella stagione calda, in tutte le ore nelle altre stagioni.
Le condizioni ambientali Io costringono a lunghi periodi di digiuno in cui vive del grasso accumulato nutrendosi di piccoli mammiferi, uova e rettili. Le prede vengono azzannate e mantenute ferme fino a che non agisce il veleno che è un paralizzante del sistema nervoso.
La femmina depone in buche profonde tra 3 e 12 uova dal guscio molle, che si schiudono al calore naturale.
Il terrario per l’Eloderma ha bisogno di terreno sassoso e asciutto, e di un recipiente con poca acqua. L’animale si ciba di larve, vermi, lombrichi, topi, uova, frutta. Il pasto viene dato ogni 10 o 15 giorni, imboccando prudentemente l’animale fino al completo acclimatamento.
Specie affine è l’Eloderma orrido (Heloderma horridum) diffuso nelle zone aride del sud degli Stati Uniti, che ha gli stessi modi di vita anche in cattività.
Varanidi
Sono i Sauri più grandi e intelligenti, dalle dimensioni talvolta imponenti ma molto varie (da 20 cm a 3 m). Hanno tutti caratteristiche simili: il muso appuntito, il collo lungo, corpo massiccio con arti robusti e dita armate di unghie aguzze.
Gli occhi hanno palpebre mobili, i denti sono forti e volti all’indietro. La coda è grossa e conica, oppure compressa ai lati e carenata e serve come strumento di difesa oltre che per la deambulazione. Il corpo è ricoperto di squame che formano una sorta di disegno e spesso sono spinose sulla coda.
I Varanidi sono diurni e attivi al massimo nelle ore di grande calore. Possono correre veloci e arrampicarsi. Vi sono forme che abitano i deserti, altre le zone a vegetazione bassa, altri che amano attraversare i fiumi trattenersi nell’acqua e si dimostrano buoni nuotatori. Dormono sempre appoggiati a sassi o tronchi con la coda arrotolata. Si difendono dai nemici con dimostrazioni spettacolari aprendo la bocca e agitando la coda. Si cibano, a seconda delle dimensioni, di insetti, sauri, topi, serpenti e carogne. Dopo il pasto si puliscono il muso sul terreno.
Le femmine depongono uova dal guscio molle in tronchi cavi o in buche sul terreno.
In cattività i Varanidi diventano spesso docili e domestici, riconoscendo chi fornisce loro il cibo. Nei momenti in cui si lasciano prendere dall’aggressività, basta spruzzarli con acqua fredda, che li paralizza momentaneamente.
Varano del deserto (Varanus griseus). Lungo al massimo 2 m, vive nelle zone desertiche del Sahara fino al Pakistan. Abita in tane sotterranee, ha una colorazione giallastra a disegni scuri e coda affusolata. Si nutre di uccelli, rettili, topi, uova, carogne. La femmina depone uova dal guscio molle in cavità naturali. In terrario occorre terreno caldo umido con muschio e un basso e vasto bacile d’acqua a 20 o 22°C. È pure utile un tronco o un ramo secco. Va alimentato con uova crude, pesci, lumache, ratti.
Specie affini: Varano del Nilo (Varanus niloticus) lungo 2 m, proprio delle regioni costiere dei grandi fiumi africani. È buon nuotatore e può restare sommerso per qualche minuto. Il dorso ha un disegno a macchie e strisce giallastre sul fondo scuro. Si nutre di anuri, pesci, molluschi, gasteropodi, uova; Varano del Bengala (Varanus bengalensis) diffuso in Birmania, Iran, Assam, Pakistan, Ceylon, di colorazione bruno-giallastra punteggiati di nero; Varano di Komodo (Va-ranus komodoensis) da ricordare come un fac-simile dei rettili preistorici, lungo oltre 3 m non si può mantenere in terrario.